PIL: cos’è e come si calcola

Quando si parla di economia, un dato importantissimo da considerare è il PIL (acronimo di Prodotto Interno Lordo). Il PIL, infatti, è l’indicatore principale del livello di attività economica. Ma che cos’è di preciso e come di calcola il Prodotto Interno Lordo? Scopriamolo nei prossimi paragrafi.

PIL: cos’è e a cosa serve

Il PIL è il valore di tutti i beni e i servizi prodotti in un paese in un certo arco temporale (si solito, un anno).
Nel PIL rientrano tutti quei beni e servizi che vengono prodotti in quel paese, a prescindere dalla nazionalità del produttore. Se, per esempio, un’azienda americana produce lavatrici in Italia, il valore di quelle lavatrici rientra nel PIL italiano. Al contrario, se un’azienda italiana produce lavatrici in America, quelle lavatrici vengono conteggiate nel PIL americano.
Ovviamente, non rientrano nel PIL tutti quei beni e servizi che si producono per uso personale e, quindi, non destinati alla vendita.
Lo scopo del PIL, come detto sopra, è quello di monitorare l’attività economica di un paese. Infatti, se confrontiamo il PIL attuale con quello di un periodo precedente, possiamo capire se l’attività economica è cresciuta o calata.

PIL

PIL: come si calcola

La formula matematica del PIL è la seguente: PIL= C + I + G + NX
C sta per spesa fatta per i consumi privati; I investimenti in beni durevoli; G spesa pubblica; NX esportazioni nette, cioè la differenza tra il valore delle esportazioni e quello delle importazioni.
Esistono tre metodi di calcolo per determinare il PIL: somma di beni e servizi prodotti, somma del valore aggiunto, somma dei redditi. Ovviamente, il risultato dovrebbe essere lo stesso per ogni tipo di calcolo. Vediamoli nel dettaglio.

Somma di beni e servizi prodotti

Il PIL si può calcolare considerando tutto il denaro speso da famiglie e singoli individui per l’acquisto di beni e servizi finali. Si prendono in considerazione solo i prodotti finali, escludendo i prezzi sostenuti per produrli, cioè dei beni e del lavoro. Prendiamo, come esempio, una torta. Si calcolerà solo il totale derivante da tutte le torte vendute e non la spesa degli ingredienti usati o degli operai pagati per confezionarla. Tuttavia, dai consumi si devono sottrarre le scorte, cioè quei beni acquistati dalle aziende in attesa di essere venduti.
A questo valore, che corrisponde a quello dei consumi, si aggiungono gli investimenti, la spesa pubblica e le esportazioni nette.
Gli investimenti sono le spese affrontate dalle aziende (per macchinari e strumenti di produzione) e i risparmi privati, spesi in immobili o beni durevoli. Per la precisione, negli investimenti privati rientra tutto quel denaro che non viene speso nei consumi.
La spesa pubblica rappresenta le spese sostenute dalla pubblica amministrazione a tutti i livelli (centrale, regionale, provinciale e comunale). Tuttavia, questa voce include solo ciò che viene speso in beni e servizi; non comprende, quindi, i trasferimenti di denaro, come gli stipendi.
Le esportazioni nette, invece, come detto prima, rappresentano la differenza tra le esportazioni e le importazioni.

Somma dei valori aggiunti

Con la somma dei valori aggiunti si prendono in considerazione tutti i costi intermedi che non abbiamo considerato prima. Questi costi si sottraggono dal prezzo del prodotto finale e si aggiungono al calcolo complessivo. Come prima, poi, si aggiungono gli investimenti, la spesa pubblica e le esportazioni nette.

Somma dei redditi

Il metodo della somma dei redditi si esegue calcolando l’insieme delle remunerazioni dei fattori produttivi. Si sommano tutti i salari “lordi” (compresi, quindi, di tasse), le rendite, i profitti, e gli ammortamenti.
Come per il calcolo dei consumi, si calcolano tutti gli stipendi di coloro che lavorano in Italia (che siano stranieri o italiani). Non si calcolano, perciò, i salari di italiani che lavorano all’estero.
Le rendite e i profitti includono tutto quel denaro che viene guadagnato “passivamente”, ovvero le rendite (per esempio per case o terreni) o derivanti da interessi per il capitale.
Gli ammortamenti, invece, sono i costi sostenuti dalle aziende per l’usura dei beni strumentali.
Se facciamo la somma dei redditi senza gli ammortamenti si parla di PIN (Prodotto Interno Netto).

PIL reale e PIL nominale: le differenze

Quando si parla di PIL occorre fare una distinzione tra PIL nominale e PIL reale.
Il PIL nominale è l’indicatore che considera i beni e i servizi in base ai prezzi correnti.
Il PIL reale, invece, è l’indicatore che considera i beni e i servizi rispetto a un anno base precedente (non tiene conto dell’inflazione o deflazione). Possiamo, quindi, dire che il PIL reale, nel calcolo dei consumi, somma le quantità prodotte con prezzi non aggiornati.

Se vuoi altre nozioni base di economia e finanza, ti consiglio di leggere il libro Finalmente ho capito l’economia di Maurizio De Pra.

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